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      ... Per me io lo direi o un pazzo o un furfante. Ella mi ha capito, padre. Conscia della mia povertà io non farò malleveria d'un soldo.
      Ciò dicendo la Clara s'inchinava, facendo atto di uscire a sua volta. E il reverendo voleva a sua volta trattenerla con altre parole, con altre obbiezioni; ma comprendendo che avrebbe fatto un buco nell'acqua si accontentò di uscirle dietro, col desolato contegno del cane da caccia che torna al padrone senza riportargli la selvaggina inutilmente cercata. Coloro che origliavano dietro l'uscio aveano fatto appena a tempo di ricoverarsi in tinello; ma non furono cosí destri da nascondere che sapevano tutto. Il padre Pendola non erasi ancora accostato all'orecchio della Contessa che già costei s'era buttata sulla Clara con ogni sorta di minacce e d'improperi; tantoché molti accorsero dalla cucina allo strepito. Ma allora il marito e il cognato diedero opera a frenarla, e il padre Pendola colse il momento opportuno di battersela lavandosene le mani come Pilato. Partito che fu, l'intemerata toccò a lui; e la signora si sfogò a gridarlo un ipocritone, un disutile, uno sfacciato, che l'aveva adoperata per ottenere quanto cercava, e allora l'abbandonava nell'imbarazzo colla sua faccia tosta. Monsignore supplicava per carità la cognata che smettesse d'insolentire un abate che in pochissimi giorni di dimora a Portogruaro avea già preso il sopravvento negli affari del clero e quasi fin'anco in quelli della Curia. Ma le donne hanno ben altro pel capo quando prude loro la lingua.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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