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      Io lo odiava in ragione delle immense doti concessegli da natura per ammaliare le donne; mi piaceva di pensare ch'egli non era né bello né robusto né ben fatto, e che la piú guercia donzella del contado avrebbe preferito le mie larghe spalle e la mia aperta e sana figura a quel suo corpicciuolo magro, sparuto, convulso. Contuttociò dinanzi alla Pisana mi sentiva nulla appetto a lui; capiva che se fossi stato donna, io pure gli avrei concesso la palma in mio confronto. Dio! cosa non avrei io dato allora per cambiarmi con lui a prezzo di qualunque sacrifizio! - Avessi perduto le forze, la salute, fossi morto sfilato il giorno dopo, non avrei esitato a entrar ne' suoi panni per godere un istante di trionfo, e credere ch'ella mi amava piú di se stessa! Sciocco di pensare e di desiderare ciò! Nessuno al mondo esisterà mai, per quanto incantevole e perfetto, che avesse potuto concentrare in sé solo e per sempre tutti gli affetti, tutti i desiderii della Pisana. Io che ne aveva una buona parte, desiderava l'altra: se avessi ottenuto questa, mi sarebbe mancata la prima. Poiché né Giulio, né alcun altro prima o dopo di lui, poté vantarsi di godere al pari di me la confidenza e la stima della Pisana. Io solo, io solo ebbi questa parte piú intima e sola forse santa dell'anima sua; io solo, nei pochi intervalli che fui da lei beato d'amore, ho potuto credermi padrone di tutto l'esser suo, veramente amante, poiché l'amava conoscendola com'ella era; veramente amato, perché al sentimento che mi desiderava, la ragione stessa dava la sveglia e l'abbandono soave della gratitudine.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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