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      Pulisciti i ginocchi, Carlino; e va' via di qua. Vedi, arrossisci di vergogna; è cattivo segno e buono nello stesso tempo: accenna alla coscienza del male commesso, ma insieme a ribrezzo e a pentimento di quel male. Vattene, Carlino, vattene; cerca una strada piú onesta, piú sicura, ove siano altri passeggieri cui tu possa dar mano e insegnare la via; non perderti in quei nebulosi confini fra il possibile e l'impossibile a battagliare colla tua ombra, o coi mulini di don Chisciotte. Se non puoi dimenticar la Pisana, devi fingere di dimenticarla; al resto non pensare, che verrà dopo. Ora, sia verso te che verso lei e verso tutto, il tuo dovere è questo. Restando avvilisci te, spazientisci lei, rendi male per bene a' suoi genitori. Vattene, Carlino, vattene! Pulisciti i ginocchi e vattene!
      Questo consiglio fu il primo frutto del monitorio di Martino; e fui tanto spaventato della sua acerbezza che senza pescare altri corollari ripiegai la carta e ripostala nel libro e intascato questo, uscii pallido e pensieroso da quella stanza ov'era entrato livido e demente. Fra tutti i dolori miei mi parlava piú chiaramente quello di aver sconosciuto per tanti anni la pratica rettitudine di Martino, di non aver fatto di lui quel conto che meritava, di averlo creduto, in una parola, una macchina cieca e obbediente mentr'era invece un uomo conscio e rassegnato. Io era divenuto cosí piccino nella mia propria stima che non mi ravvisava piú; la memoria d'un vecchio servitore morto, seppellito e già roso dai vermi mi costringeva ad abbassare il capo confessando che con tutto il mio latino nella vera e grande sapienza della vita era forse piú indietro che i villani.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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