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      Tutti portavano a cielo la pazienza, la bontà, la giustizia del signor Vice-cancelliere: la pazienza soprattutto, che è altrettanto rara quanto necessaria in un giudice di campagna. Ho veduto alle volte taluno fra questi arrovellarsi infuriare tempestare pel tardo ingegno delle parti; andar coi pugni al muso dell'attore, minacciar bastonate al reo convenuto, e pretendere da essi quella moderazione quella chiaroveggenza quel riserbo che son frutto solamente di una lunga educazione. Appetto ai ragionamenti bisogna ficcarsi in capo che gli ignoranti son come i bambini; bisogna perciò usare la logica lenta e minuziosa d'un maestrucolo elementare, non la retorica sommaria d'un professorone d'Università. La giustizia vuol essere largita, ma non imposta; e convien mantenerle la sua fama, il suo decoro di giustizia colla persuasione, non darle colore di arbitrio coi rabbuffi e coll'arroganza. Finché non si muti il galateo dei tribunali foresi, i codici alla gente di campagna parranno non differenti per nulla dalle antiche sibille. Sentenziavano perché di sí, e chi aveva ragione non ci capiva meglio di quello cui si dava torto. Avvezzo dalla culla a vivere fra gente rozza e ignorante, io non durai fatica a vestirmi di questa tolleranza; anzi la mi venne di suo piede, perché non si potea farne senza. E il mio esempio fu efficace anche sugli uomini di Comune incaricati della giustizia piú minuta; sicché non si udirono piú tanti lagni per la tal trascuranza a favore di questo, o per la tal rappresaglia a carico di quello.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Vice-cancelliere Università Comune