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      Il Capitano diceva: - Fanno benissimo. Pazienza ci vuole e non por mano subito alla borsa e alla spada. Vedete? le cose si vanno già raffreddando laggiù! Quelli che ammazzavano i preti, i frati ed i nobili, l'hanno finita anch'essi sul patibolo: la crisi può dirsi nel decrescere, e la Repubblica se l'è cavata senza esporre a pericolo la vita d'un uomo. - Rispondeva Giulio: - Fanno malissimo; ci metteranno i piedi sul collo; si tace ora per gridar piú forte di qui a poco. Ora che ci par d'essere avvezzi al pericolo, e pericolo non c'è, verrà il pericolo vero e ci troverà assopiti e sprovveduti. Dio ce la mandi buona, ma alla meglio non ci faremo la miglior figura! - Io mi accostava all'opinione di Giulio, tanto piú che Lucilio mi avea scritto da Venezia che sperassi bene, ché mai la sorte del mio amico non era stata piú vicina a un propizio rivolgimento. Ma la sua invece, la sorte del povero dottorino, subí a que' giorni un grave tracollo. La Clara fu relegata finalmente al convento di Santa Teresa; e a Fratta se n'ebbe la novella quando la Contessa scrisse perché le mandassero i danari della dote: ella diceva di essersi intanto impegnata con un usuraio, ma che non si voleva udir parlare di termini troppo lunghi con quei torbidi che c'erano allora. Il Conte sospirò molto e molto; ma raccolse anco una volta i danari richiesti, e li mandò alla moglie. Io mi accorgeva pur troppo che la famiglia correva alla rovina, e dovea limitarmi a stagnare qualche goccia della botte, lasciando poi che lo spillone gettasse a piena gola, perché da quel lato non potea rimediare.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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