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      - Sissignori, si ritirino loro, mandino di sopra il signor Avogadore... e ce la intenderemo fra noi...
      La folla tumultuava senza sapere il perché, e già molti dei curiosi se l'erano cavata, e alcuni fra i contadini stanchi di quella commedia avevano ripreso il cammino verso casa. Per me io non sapeva in qual mondo mi fossi, perché mi avessero nominato avogadore, e qual costrutto dovesse avere l'abboccamento cui m'invitava il Vice-capitano. Ma mi piaceva quell'esser diventato uomo di rilievo, e tutto sacrificai alla speranza della gloria.
      - Apra, apra le porte!... Lasci entrar l'Avogadore! - gridava la folla.
      - Signori miei - rispose il Capitano - ho moglie e figliuoli, e non ho voglia di farli morire dallo spavento... Aprirò le porte quando loro si sieno allontanati... Veggono che non ho tutto il torto... Patti chiari e amicizia lunga!...
      La gente non ci sentiva di allontanarsi, ed io, tra perché ero stanco di stare a cavallo, tra perché mi tardava l'ora di trattar da paro a paro con un Vice-capitano, mi accinsi a persuadernela.
      - Cittadini - presi a dire - vi ringrazio; vi sarò grato eternamente! Sono commosso ed onorato da tanti contrassegni d'affetto e di stima. Tuttavia il signor Vice-capitano non ha torto. Bisogna dimostrargli confidenza perch'egli si fidi di noi... Sparpagliatevi, state tranquilli... Aspettatemi in piazza... Intanto io difenderò le vostre ragioni...
      - Viva l'Avogadore!... Bene! benissimo!... in piazza, in piazza!... Vogliamo che si apra il granaio della Podesteria!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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