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      Non ci capii per verità molto addentro; ma pure que' suoi gran paroloni di popolo e di libertà, e quel suo piglio riciso ed austero m'avevano annebbiato l'intelletto, e mi partii, a conti fatti, che l'odio contro i patrizi veneziani superava d'assai perfino il risentimento contro i bersaglieri francesi. La tremenda disgrazia della Contessa mi parve una goccia d'acqua in confronto al mare di beatitudine che ci sarebbe venuto addosso pel valido patrocinio dell'esercito repubblicano. Quel cittadino Bonaparte mi pareva un po' aspro un po' sordo un po' anche senza cuore, ma lo scusai pensando che il suo mestiere lo voleva pel momento cosí. E a questo modo lasciai a poco a poco darsi pace la morta, e tornai col pensiero ai vivi: cosicché nella lettera che scrissi a Venezia per partecipare il triste caso alla famiglia, ne affibbiai forse piú la colpa all'improvvidenza delle venete magistrature, e alla sciocca paura del popolo, che alla barbara sfrenatezza degli invasori. Il Cappellano fu molto meravigliato di vedermi tornar a Fratta colle mani piene di mosche, e tuttavia piú calmo e contento di quando n'era partito. Monsignore e il Capitano che s'erano raccovacciati in castello udirono con terrore il racconto del mio colloquio col general Bonaparte.
      - L'avete proprio veduto? - mi chiese il Capitano.
      - Capperi se l'ho veduto! si faceva anzi la barba.
      - Ah! si rade anche la barba? io invece avrei creduto che la portasse lunga.
      - A proposito - saltò su Monsignore - dopo la morte della mamma (un lungo sospiro) non mi son piú raso né il mento né la chierica.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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