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      Tuttociò senza alcun pregiudizio della paterna autorità.
      Intrattenutici un pochino, con molte interiezioni di cordialità e di maraviglia della signora Contessa, e qualche sospiro represso della Pisana, il signor padre m'invitò ad uscire con essolui: e mi menò infatti a San Zaccaria dove aveva preso alloggio in una bella casa, e addobbatala quasi alla turchesca con tappeti divani e pipe a bizzeffe. Vi si desideravano le tavole, e qualche forziere da riporre le robe, ma vi era per compenso un gran numero di armadi donde si cavava come per incanto ogni cosa che si potesse desiderare. Una mulatta scurissima, di oltre quarant'anni, ammanniva il caffè da mane a sera, e tra lei e il padrone se l'intendevano a cenni e a monosillabi, che era un trastullo a vederli; non credo che parlassero nessuna lingua di questo mondo, e potrebbe darsi che i diavoli favellassero come loro nelle escursioni terrestri. Il signor padre depose il cappello a tre corni, si tirò sulle orecchie un berrettone moresco, accese la pipa, si fece versare il caffè, e volle che sedessi come lui incrocicchiando le gambe sopra un tappeto. Ecco un futuro patrizio del Maggior Consiglio occupato a compitare il galateo di Bagdad. Mi disse che era grato a sua moglie di avergli essa lasciato una sí bella eredità come io era, in compenso forse delle poche delizie procacciategli col matrimonio; mi lasciò travedere che egli chiudeva un occhio sopra alcuni rancidi sospetti che aveano guastato la loro concordia e ricondotto mia madre a Venezia; finí col confessare che io gli somigliava, massime negli occhi e nell'apertura delle narici; tanto bastava per ricongiungerlo d'un affetto immortale al suo figliuolo unigenito.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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