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      Son tutte cose note e concesse dall'unanime assenso del popolo. Infatti ieri stesso il Doge si dichiarò pronto in piena assemblea a deporre le insegne ducali e a rimettere le redini del governo in mano dei democratici. Noi chiediamo meno di quello ch'ei sia disposto a concedere. Vogliamo ch'egli resti a capo del nuovo governo, arra di stabilità e d'indipendenza per la futura Repubblica; non è vero, signor Villetard?
      L'omiciattolo accennò di sí con gran lavorio di gesti e di boccacce. Lucilio si rivolse allora di bel nuovo al Savio di settimana e gli porse quello scritto che aveva scorso poco prima.
      - Ecco, signor Procuratore - egli soggiunse - qui stanno i destini della patria: guardi ella di capacitarne l'animo del Serenissimo Doge e degli altri nobili colleghi, altrimenti... Dio protegga Venezia! io avrò fatto per salvarla quanto umanamente poteva.
      Rispose colle lagrime agli occhi il Procuratore:
      - Io sono veramente grato a tanto deferenza di loro illustri signori; - (Gli incorruttibili cittadini rabbrividirono a questi titoli scomunicati) - Il Serenissimo Doge ed i colleghi Procuratori, come cariche perpetue della Repubblica, sono pronti a sacrificarsi per la sua salute - (sacrificarsi voleva dire cavarsela) - tanto piú che la fedeltà degli Schiavoni rimasti comincia a tentennare, e non ci meraviglierebbe per nulla di vederli unirsi ai nostri nemici... - (Il Procuratore s'accorse d'aver detto un sproposito e tossí e tossí che divenne scarlatto come la sua tonaca) - dico di vederli unirsi ai nostri amici, che.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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