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      Ancora ricordo le sembianze cadaveriche sformate di alcuni, l'aspetto smarrito e come ubbriaco di altri, e l'angosciosa fretta dei molti che si sarebbero, cred'io, gettati dalle finestre per abbandonare piú presto la scena della loro viltà. Il Doge corse alle sue stanze svestendosi per via delle sue insegne, e ordinando che si togliessero dalle pareti gli apparamenti ducali; molti si raccoglievano intorno a lui, quasi a scordare il proprio vitupero nello spettacolo d'un vitupero maggiore. Chi usciva in Piazza aveva cura prima di gettare la perrucca e la toga patrizia. Noi soli, pochi e illusi adoratori della libertà in quel pecorame di servi (eravamo cinque o sei), corsimo alle finestre e alla scala gridando: - Viva la libertà! - Ma quel grido santo e sincero fu profanato poco stante dalle bocche di quelli che ci videro una caparra di salute. Paurosi e traditori si mescolarono con noi; il romore il gridio cresceva sempre; io credetti che un puro e generoso entusiasmo trasformasse quei mezzi uomini in eroi, e mi precipitai nella Piazza, gettando in aria la mia perrucca e urlando a perdifiato: - Viva la libertà! - Il general Salimbeni, appostato con qualche altro cospiratore, s'era già messo a strepitare in mezzo al popolo eccitandolo al tripudio e al tumulto. Ma la turba gli si scagliò contro furibonda, e lo costrinse a gridare: - Viva San Marco! - Quelle nuove grida soffocarono le prime. Molti, massime i lontani, credettero che la vecchia Repubblica fosse uscita salva dal terribile cimento della votazione.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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