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      Io credo che vidi in quell'istante tutte le stelle del firmamento come se un macigno piombatomi addosso m'avesse schiacciato il petto: indi, a quel balenio di stelle successe una cecità d'alcuni secondi, e poi tornai ad ascoltare e a guardare senzaché potessi raccapezzarci nulla di quelle facce che aveva intorno e del ronzio che mi sussurrava nelle orecchie. M'immagino che la Contessa si sarà dilungata a magnificarmi il decoro di quel parentado; certo che il nobiluomo Navagero per la sua tosse, e la Pisana per la confusione, non aveano tempo da perdere in chiacchiere. Confesso che l'amore della libertà, l'ambizione e tutti gli altri grilli, ficcatimi in corpo dalla generosità della stessa mia indole e dai raggiri di mio padre, fuggirono via, come cani scottati da un rovescio d'acqua bollente. La Pisana mi rimase in mente sola e regina; mi pentii, mi compunsi, mi disperai di averla trascurata per tutto quel tempo, e m'accorsi che io era troppo debole o viziato per trovare la felicità nelle grandi astrazioni. Benedetto quello stato civile dove gli affetti privati sono scala alle virtù civili; e dove l'educazione morale e domestica prepara nell'uomo il cittadino e l'eroe! Ma io era nato da un'altra fungaia; i miei affetti contrastavano pur troppo fra loro, come i costumi del secolo passato colle aspirazioni del presente. Malanno che si perpetua nella gioventù d'adesso, e di cui si piangono i guasti, senza pensare o senza poter provvedere al rimedio.
      Quando osai rivolgere gli occhi alla fanciulla sentii come un impedimento che me li faceva stornare; erano gli sguardi freddi e permalosi del frollo fidanzato che erravano dal volto della Pisana al mio coll'inquietudine dell'avaro.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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