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      Gli affari della casa di Fratta s'imbrogliavano peggio che mai. La signora Contessa giocava sempre accanitamente, e quando non c'erano denari ne cercava al Monte di Pietà. La filosofia del Contino e la spensieratezza della Pisana non se ne incaricavano punto; e credo che Sua Eccellenza Navagero fosse destinato secondo essi a raccomodare tutti quegli sdrucii. Quello che mi maravigliava assaissimo si era la dimestichezza che continuava fra la Contessa e mio padre, benché questi non avesse allentato d'un punto le cordicelle della sua borsa e avesse attraversato con mille modi il disegno che covava la Contessa di un buon matrimonio fra me e la Pisana. Io aveva capito cosí in ombra che a mio padre non garbavano questi progetti, e che egli senza parlarmene indovinava la mia propensione e studiavasi di sviarla. Ma come aveva poi fatto a contrastare le mire della Contessa serbandosele in grazia lo stesso? Ecco quello che m'insegnai di chiarire; e scopersi bel bello che egli era stato il sensale dello sposalizio col cugino Navagero, e che la mia sfortuna io la doveva soprattutto a lui. Quanto a me, egli, il vecchio negoziante, aveva delle alte idee; una donzella ricchissima della famiglia Contarini gli sarebbe piaciuta per nuora, e non mancava di darmi qualche colpetto di tanto in tanto perché io la distinguessi fra le molte ragazze, le quali (bando alla superbia) non avrebbero sdegnato a quel tempo di unire il mio al loro nome. Tutti gli attori hanno sulle scene del mondo la loro beneficiata; e allora toccava a me.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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