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      Lo ripeto ancora che la ferita dell'orgoglio fu in lui forse piú profonda che quella dell'amore; infatti anche in quei terribili momenti egli ebbe campo a pensare di ritirarsi coll'onor delle armi. Io sarei morto ingenuamente di crepacuore; egli si sforzò a vivere per persuadere se stesso che delle proprie passioni della propria vita egli era sempre il solo padrone. Fosse poi vero non potrei assicurarlo. Anzi io mi ricordo averlo veduto a quei giorni; e benché fossi anche troppo occupato de' casi miei, pure non mi sfuggí affatto una tal quale costernazione ch'egli si studiava indarno di celare sotto la solita austera imperturbabilità. A poco a poco peraltro vinse l'uomo vecchio; egli si rizzò ancora, l'orgoglioso gigante, dalla sua breve sconfitta; le sventure della patria lo trovarono forte invincibile a sopportarle; forse tanto piú forte ed invincibile quanto era piú disperato di sé. La Clara pronunciò solennemente i suoi voti, e Lucilio serbò tutta per sé l'angoscia e la rabbia per questa perdita irrimediabile.
      La Pisana si sposò poco dopo al nobiluomo Navagero: e Giulio Del Ponte li seguí all'altare col sorriso della speranza sul volto. Egli non l'amava come l'amava io. Io solo adunque rimasi a fare spettacolo per ogni luogo del mio furore del mio accoramento. Non potea darmi pace, non potea pensar al futuro senza rabbrividire; eppur non osava neppur allora nei delirii del dolore maledire alla Pisana; e tutte le mie maledizioni le serbava per la Contessa che aveva avvilito la propria figlia in un matrimonio mostruoso per godere l'abbondanza e le comodità di casa Navagero.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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