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      Lucilio rabbuffò con una mano i suoi neri capelli tra i quali traluceva già qualche filo d'argento, strinse il braccio del giovane e lo trasse a forza in cospetto della lucerna.
      - Giulio, te lo dirò cos'hai; - diss'egli con voce sommessa ma ricisa, - tu muori per un dolor tuo, quando non è lecito morire che pel dolore di tutti!... Tu ti arrendi vilmente alla tisi che ti consuma quando dovresti salire con animo forte al martirio!... Io son medico, Giulio; non voglio ingannarti. Una passione mista di rabbia d'orgoglio d'ambizione ti divora lentamente; il suo morso avvelenato è incurabile. Soccomberai senza dubbio. Ma credi tu che l'anima non possa sollevarsi sulle malattie del corpo, e prescrivere a se stessa un fine grande, glorioso?...
      Giulio si sfregolava smarrito gli occhi, le guance, la fronte. Tremava da capo a piedi, tossiva di tratto in tratto e non poteva articolar parola.
      - Credi tu - riprese Lucilio - credi tu che sotto questa mia scorza dura e ghiacciata non si celino tali tormenti che mi farebbero preferire l'inferno, nonché il sepolcro, alla fatica di vivere? Or bene; io non voglio morire piangendo me, compassionando a me, badando solo a me, come il pecoro sgozzato!... Quando le membra saranno consunte, l'anima fuggirà da esse libera forte beata piucchemai!... Giulio, lascia morire il tuo corpo, ma difendi contro la viltà, contro l'abbiezione un'intelligenza immortale!...
      Io guardava meravigliando il gruppo di quelle due figure, l'una delle quali pareva infondere all'altra il coraggio e la vita.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Giulio Lucilio