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      ... Oh come mi scagliava furibondo e terribile contro coloro che avevano cercato d'infamare la memoria di questa benedetta e allontanarmi dal rispetto della buona anima sua con sacrileghe calunnie!... Sí, io voleva che fossero calunnie ad ogni costo: son sempre calunnie le accuse ai poveri morti, le accuse senza esame e senza pudore scagliate contro una tomba. Chi credeva vogliosamente, e aggravava pur anco le colpe di mia madre, sapeva egli i suoi sacrifizi, le torture, le lagrime, il lungo martirio che avea forse estenuato le sue forze, e travolta la ragione?... Io mi straziava il petto colle unghie, e mi strappava i capelli per non poter sorgere a vendetta di quei codardi improperi; il silenzio da me tenuto durante l'infanzia appetto a quei furtivi detrattori mi rimordeva come un delitto. Perché non m'era io alzato a svergognarli con tutto il coraggio dell'innocenza e la veemenza d'un figlio che si sente insultato nella memoria della madre? Perché i miei piccoli occhi non aveano lampeggiato di sdegno, e il cuore non avea rifuggito dall'accettare la compassione di coloro che mi faceano pagare a prezzo d'infamia un tozzo di pane ed un cantuccio d'ospitalità? - Mi salivano al volto le fiamme della vergogna; avrei dato tutto il mio sangue tutta la mia vita per riavere uno di quei giorni, e vendicarmi di una sí disonorevole servitù. Ma non era piú tempo. Mi avevano instillato, si può dire col latte, la pazienza, il timore e aggiungerei quasi l'impostura, i tre peccati capitali degli accattoni.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253