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      Oh quanta distanza ci corre dal meschino accattonaggio delle scuse alla superba indipendenza dell'innocenza! Con quante bugie non fui io costretto a nascondere agli occhi degli altri quella mia felicità clandestina e codarda! No, io non sarò mai indulgente verso di me né d'un momento solo di smemorataggine, quando l'onore ci comanda di ricordarsi robustamente e sempre. La Pisana, poveretta, pianse assai quando vide da ultimo che tutti i suoi sforzi per rendermi felice non riuscivano ad altro che a interrompere con qualche lampo di spensieratezza un malcontento che sempre cresceva e mi faceva vergognar di me stesso. Oh, perché non si volse ella a me con quell'amore inspirato e robusto che aveva sgomentito l'animetta galante di Ascanio Minato? Perché invece di domandarmi baci, carezze, piaceri, non m'impose ella qualche grande sacrifizio, qualche impresa disperata e sublime? - Sarei morto da eroe, mentre vissi da porco. - Pur troppo i sentimenti nostri ubbidiscono ad una legge che li guida sempre per quella strada ove sono incamminati da principio. Quella bizzarra passione per l'ufficiale d'Ajaccio, nata piú che da amore da rabbia, e nudrita dai maschi pensieri che guardavano alla rovina della patria e al pericolo della libertà, fu in procinto di diventar grande pel santo ardore che la infiammava. L'amor mio, antico di molti anni, ricco di sentimenti e di memorie, ma sprovveduto affatto di pensiero era dannato a poltrire su quel letto di voluttà che l'avea veduto nascere. Io sentiva la vergogna di non poter ispirare alla Pisana quello che le aveva ispirato un vagheggino di dozzina: scoperto il peccato originale dell'amor nostro, m'era impossibile goderne cosí pienamente com'ella avrebbe voluto.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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