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      Chi la vedeva vagare vestita di bianco sotto le Procuratie nella profondità della notte; chi affermava di averla incontrata in qualche calle deserta con un pugnale in mano e una face resinosa nell'altra, come la statua della discordia; i barcaiuoli narravano ch'ella errava tutta notte per le lagune, soletta sopra una gondola che avanzava senza remi e lasciava dietro di sé per le acque silenziose un solco fosforescente. Alcuni tonfi si udivano di tanto in tanto intorno alla misteriosa apparizione; erano i nemici di Venezia da lei strappati magicamente alla quiete del sonno e precipitati nei gorghi del canale. Queste chiacchiere immaginose, cui la credulità popolare aggiungeva ogni giorno alcun fiore poetico, garbavano poco o nulla al nuovo governo provvisorio stabilito dagli Imperiali dopo la partenza di Serrurier. Erano sintomi di poca simpatia, e conveniva guarire la gente di questo ticchio poetico. Perciò si davano attorno per iscoprire la dimora della Pisana; ma le indagini rimanevano senza effetto, e nessuno certo si sarebbe immaginato ch'ella abitasse con me, mentre io stesso era creduto a quei giorni ben lontano dalle lagune. La nostra zingara era stata incorruttibile; a qualche sbirro travestito che era venuto a chieder conto dei padroni di casa, ell'aveva risposto che da gran tempo mancavano da Venezia, e cosí non ci avevano seccato piú. Sapendo che mio padre s'era imbarcato pel Levante, mi giudicavan partito con lui, o con gli altri disgraziati che aveano cercato una patria nelle tranquille città della Toscana o nelle tumultuanti provincie della Cisalpina.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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