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      Io rimasi, come si dice, di princisbecco; ma feci dignitosamente l'indiano e benché la vergogna mi salisse alle guance del granchio ch'era stato per prendere, pure trovai qualche parola che non dicesse nulla, e velasse momentaneamente il mio imbroglio. Soprattutto mi imbarazzava quel signor Emilio, nudo di tutto, malato, interessante che l'Aglaura diceva essere il suo promesso sposo e del quale io non avea mai sentito mover parola dai suoi. Probabilmente ella supponeva che Spiro me ne avesse parlato, infatti ella tirò innanzi a raccontare come se ne sapessi quanto lei.
      - La settimana passata - diss'ella - era assalita continuamente dall'idea di ammazzarmi: ma quando prima vidi voi, e sentii che avevate intenzione d'andare a Milano, un altro pensiero meno funesto per me e consolante per tutti mi balenò in capo. Perché non vi avrei seguito? Emilio era a Milano anch'esso. Un lungo silenzio mi teneva allo scuro di tutto ciò che lo riguardava. Uccidendomi non ne avrei saputo piú di prima, e neppure gli avrei recato alcun conforto; mentre invece raggiungendolo, mettendomigli al fianco, rimanendo sempre con lui, chi sa? avrei potuto attenuare le disgrazie che gli aveva tirato addosso colle mie smanie liberalesche. Decisi adunque che sarei partita con voi; perché in quanto al pormi in viaggio da sola, il pensarvi senz'altro mi spaventava. Figuratevi! Avvezza a metter cosí raramente il piede fuori di casa! Il coraggio no, ma mi sarebbe mancata la pratica e chi sa in quali impicci avrei potuto cascare!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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