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      Invece colla scorta d'un amico onesto e fidato sarei ita sicura in capo al mondo. Presa questa deliberazione ne ventilai un'altra. Doveva io parteciparvi il mio disegno o seguirvi a vostra insaputa finché la nostra scambievole posizione vi obbligasse vostro malgrado a prendermi per compagna? La mia franchezza propendeva al primo partito; ma il timor d'un rifiuto e la cura della segretezza mi sforzarono al secondo. Tuttavia il maggior ostacolo restava da superarsi, ed era mio fratello. Fra lui e me formiamo siffattamente una anima sola che i pensieri si disegnano in lui mentre si coloriscono in me: siamo due liuti di cui l'uno ripete spontaneo e un po' confusamente i suoni toccati sulle corde dell'altro. Egli infatti travide il mio disegno fin dalla prima volta che voi foste in nostra casa; non dico ch'egli indovinasse il pensiero ch'io avea formato di accompagnarmi a voi, ma mi lesse chiara negli occhi la volontà di fuggire a Milano. Tanto bastava per render impossibile o almeno molto difficile questa fuga, perché io conosco l'immenso affetto serbatomi da mio fratello e ch'egli piuttosto torrebbe di morire che di separarsi da me. Cosa volete? Alle volte mi sembra che per un fratello questo amore sia troppo; ma egli è fatto cosí, e bisogna convenire che è un bel difetto. Non potreste immaginare le astuzie da me adoperate per cavargli di capo i suoi sospetti, le menzogne che sciorinai coll'aspetto piú ingenuo del mondo, le carezze che gli feci maggiori d'ogni consueto, l'affetto e la cura che dimostrava a tutte le cose di famiglia!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Milano