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      Guai se fossi stato avvezzo per tutta la mia vita alle mollezze dei materassi e dei piumini veneziani! In un paio di notti mi avrei logorato le ossa. Ma queste si ricordavano ancora per fortuna del covacciolo di Fratta e dei bernoccoli implacabili di quei pagliericci; perciň reggevano valorosamente al cimento e potevano sfidare al giorno seguente i trabalzi balzani d'una nuova carrettaccia. Cosí stentando, balzellando e convien dirlo anche ridendo, traversammo il Vicentino, il Veronese e giunsimo sul quarto giorno a Bardolino in riva alle acque dell'azzurro Benaco. In onta alle mie sventure, ai miei timori e alle distrazioni impostemi dalla compagna, mi ricordai di Virgilio, e salutai il gran lago che con fremito marino gonfia talvolta i suoi flutti e li innalza verso il cielo. Da lontano si protendeva nelle acque la vaga Sirmione, la pupilla del lago, la regina delle isole e delle penisole, come la chiama Catullo, il dolce amante di Lesbia. Vedeva il colore melanconico de' suoi oliveti, m'immaginava sotto le loro ombre vagante con soavi versi sulle labbra il poeta delle grazie latine. Rimuginava beatamente al lume della luna le mie memorie classiche; ringraziando in cuor mio il vecchio piovano di Teglio che m'avea dischiuso la sorgente di piaceri cosí puri, di conforti cosí potenti nella loro semplicitŕ. Orfano si potea dire di genitori e di patria, balestrato non sapeva dove da un destino misterioso, tutore per forza d'una fanciulla che non m'era stretta da alcun legame né di parentela né d'amore, rivedeva tuttavia un barlume di felicitŕ nelle poetiche immaginazioni di uomini vissuti diciotto


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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