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      In questa città un tale incarico era affidato a me. Ne chiedessi conto, la cercassi; e trovatala o la rimandassi a Venezia o la trattenessi meco secondo il miglior grado di lei. Certo egli non vorrebbe usare i diritti della paternità sopra una figlia ribelle e fuggitiva. Facesse ella di suo capo; egli non la malediceva, ché i pazzi non lo meritano, ma la dimenticava. Peraltro in un poscritto aggiungeva che aveva disposto per le indagini piú minute nelle altre città di terraferma, e che di colà i suoi corrispondenti avevano ordine di riaccompagnargli tosto la colpevole. Solo transigeva in favor mio: e se vedeva che l'aberrazione della ragazza potesse guarirsi meglio a Milano che a Venezia, adoperassi secondo le circostanze. - Queste ultime parole erano sottosegnate, ma io non ne capii affatto il recondito significato. Pensai di chiederne lo schiarimento all'Aglaura, se con esse forse non si alludesse ad un matrimonio col signor Emilio; ma non intendeva allora la ragione di parlarne con tanto mistero. Era certo un curioso destino il mio di esser creduto da ciascuna parte il confidente dell'altra; e tutti mi parlavano a cenni, a mezze parole, dalle quali non ci capiva piú che sull'arabo. Del resto, di mio padre nessuna nuova ancora; ma non se ne speravano fino al Natale, e le notizie generali di Levante erano buone.
      Con tutto questo viluppo di pensieri, di novità, di imbrogli, di misteri pel capo, mi fermai ad un caffè a chiedere ove fosse la caserma della Legione Cisalpina. Mi risposero a Santa Vicenzina, due passi dalla Piazza d'Armi.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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