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      In poche parole mi confessava colpevole entro di me di quell'indolente tardanza, ma non voleva che altri potesse raccoglier argomenti da formulare un'accusa. Per non fermarmi poi troppo sopra questo punto che mi scottava in mano, discorsi delle condizioni provvisorie di Venezia, degli ultimi spogli del Serrurier, del nuovo governo stabilitosi nel quale il Venchieredo mi pareva avere qualche influenza.
      - Caspita! non lo sai? - soggiunse Lucilio. - L'era il corriere fra gli Imperiali di Gorizia e il Direttorio di Parigi!...
      - O piuttosto il Bonaparte di Milano - corresse Giulio.
      - Sia anche: già è lo stesso. Buonaparte non potea disfare quello che il Direttorio aveva già ordito. Il fatto sta che il Venchieredo fu pagato bene, ma temo o spero che gli andrà alla peggio, perché serve sempre male ed ha il danno e le beffe chi serve troppo.
      - A proposito - chiesi io - e di Sandro di Fratta che ne dite?... L'ho veduto stamattina alla festa con tante costellazioni intorno che pareva il Zodiaco!
      - Adesso si chiama il capitano Alessandro Giorgi dei Cacciatori a piedi - mi rispose Lucilio.
      - Si è fatto grande onore nel reprimere i moti sediziosi del contadiname del Genovesato. Ora si va innanzi. L'han fatto tenente e poi capitano in un mese; ma della sua compagnia, tra le schioppettate, gli assassinamenti, e le grandi fatiche credo ne siano rimasti quattro soli di vivi. Uno per forza doveva diventar capitano: gli altri erano due ciabattini e un mandriano. Fu scelto, com'era di dovere, il mugnaio!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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