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      Anche il suo sdegno nel punto istesso s'era mitigato per la commozione della pietà, e abbracciati come due fratelli piangevamo insieme, piangevamo dirottamente; conforto misero dei miseri. In quella s'aperse violentemente la porta, e un uomo coperto da un mantello spruzzato di neve entrò nella stanza. Diede uno strido, gettò indietro il mantello, e ravvisammo ambidue le pallide sembianze di Spiro.
      - Giungo forse troppo tardi? - domandò egli con tal suono di voce che non mi dimenticherò mai piú.
      Io fui il primo a slanciarmigli fra le braccia.
      - Oh che tu sia benedetto! - balbettai coprendogli il volto di baci. - Da quanto tempo sperava la tua venuta!... Spiro, Spiro, fratel mio!
      Egli mi respingeva colle braccia, si strappava con forza il collare come si sentisse soffocare, e non rispondeva ai miei baci che con un profondo ruggito.
      - Spiro, per carità, cos'hai? - gli disse timidamente l'Aglaura, appendendoglisi al collo.
      Al contatto di quella mano, al suono di quella voce egli tremò tutto; sentii raffreddarsi di repente il sudore che gli inondava le guance; mi volse uno sguardo tale che una tigre non ne lancerebbe uno piú formidabile a chi le trucida i suoi figli; indi con una potente scrollata ci respinse ambidue fino contro al letto, e restò solo minaccioso nel mezzo della stanza. Pareva l'angelo del terrore che ha traversato l'inferno per precipitarsi a punire una colpa. Senza fiato, smarriti dall'angoscia e dallo spavento, noi restammo curvi e silenziosi dinanzi a lui in guisa di colpevoli.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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