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      Parce sepultis, purché non facciano la burla di Lazzaro; ma costoro non ce la faranno mai; ove trovar Marta che preghi per essi?... In fin dei conti hanno stipendiato Mantegna, hanno fatto dipingere a Giulio Romano la volta dei Giganti, hanno liberato il Tasso dallo spedale, hanno vinto o perduto nella persona del condottiero la battaglia di Fornuovo, vi par poco? Era tempo che si mettessero anch'essi a giacere a canto dei Visconti, degli Sforza, dei Torriani, dei Bentivoglio, dei Doria, dei Colonna, dei Varano e di tutti gli altri. Fortunatissimi che furono gli ultimi; ma temo che abbiano dormito un bel pezzo ritti come i fanciulli ostinati: e chi dovea vegliare dopo essi pestava inutilmente i piedi.
      Comunque la sia io partii da Mantova di miglior umore che non mi sarei immaginato. La mia borsa affatto smilza (figuratevi se i mille ducati avean poco sofferto della lunga dimora mia e dell'Aglaura a Milano), la mia borsa, e insieme una certa modestia soldatesca non mi permisero che un biroccino fino Bologna; uno di quei veicoli che danno al paziente alcuna delle illusioni di chi siede in carrozza, con tutti gli incommodi di chi trotta sopra un cavallo da mugnaio. Le carrettelle del Vicentino e dell'alto Vicentino non ci avevan nulla a che fare; somigliavano gondole a paraggio di questi frulloni. Or dunque arrivai a Bologna coi nervi tutti offesi e accavalcati; fu per istirarmeli che mi accinsi pedestre al passaggio dell'Appennino. Oh qual viaggio incantevole! oh che scene da paradiso!


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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