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      V'hanno certi dissesti morali ed economici nella vita d'un popolo, originati da lunghi secoli di corruzione di ozio e di servitù, per riparar ai quali non basta l'accorgimento e la tolleranza del paziente stesso, come per guarire non basta all'infermo sapersi malato e desiderar salute. Medici arditi e sapienti si vogliono che operino coraggiosamente e impongano al malato la quiete la fiducia la pazienza. Per sanare i guasti d'un dispotismo cancrenoso e immorale, nulla di meglio che una dittatura vigorosa e leale. S'anche taluni torcessero il naso a questa opinione, la storia risponde loro trionfalmente coi suoi argomenti veramente filosofici e invitti, che si chiamano necessità. Odiar le dittature si può, ma bisogna sopportarle; bisogna, come castigo ed espiazione. I legislatori del secolo passato, che dopo il trafugamento di Pio VI si tolsero di dare una costituzione alle Romagne, ebbero sulle spalle a mio credere il peso piú imponente che dorso politico abbia mai tentato di sollevare. S'accasciarono sotto; ma chi sarebbe stato ritto?... Cesare forse con trenta legioni, senz'altri amminicoli legali.
      Dopo il sollevamento generale del contado, l'esercito quasi tutto raccolto in Roma fu sperperato a pattuglie a guarnigioni a rinforzi nelle varie cittaduzze e altri luoghi murati delle Romagne. Fummo assieme pochi giorni con Lucilio con Amilcare con Giulio, e con essi visitai le belle cose di Roma e dei dintorni; ma quando avvenne il frastagliamento dell'occupazione militare, Giulio ed Amilcare furono mandati a Spoleto, io e Lucilio restammo nel Castel Sant'Angelo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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