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      La resa di Genova si chiamò convenzione e non capitolazione, gli ottomila uomini di Massena passarono opportuni ad ingrossare l'armata del Varo, e dai nuovi conquistatori della Liguria non si parlò allora di ristaurare l'antico governo come non se ne parlava punto in Piemonte. Ma era ben tempo quello da pensare a ristaurazioni! Melas a marce forzate raccozzava i corpi sparsi dell'esercito sulle rive della Bormida, proprio rimpetto a quel punto dove Napoleone prima di partir da Parigi avea messo il dito sulla carta geografica dicendo: - Lo romperò qui! - E cosí questi s'affrettava a lasciar Milano, a passar il Po, a vincere col luogotenente Lannes a Montebello, a stringer il nemico intorno ad Alessandria. Stranissima posizione di due eserciti ciascuno de' quali aveva la propria patria alle spalle dell'inimico!
      In questo mezzo gli esulanti di Genova, secondo i patti della convenzione, si trasportavano sopra navi inglesi ad Antibo. Io, la Pisana, Lucilio e Bruto Provedoni eravamo del numero. Bruttissimo viaggio e che mi privò delle mie ultime doble. A Marsiglia fui contentissimo di trovar un usuraio che mi scambiasse al trenta per cento le cedole austriache e siccome era già pervenuta la notizia della vittoria di Marengo, ripigliammo tutti insieme la strada d'Italia. Si sperava assai; si sperava piú che non si riconquistò, e il riconquisto d'allora fu quasi miracolo. Ma nessuno avrebbe immaginato che Melas si disanimasse per una prima sconfitta; e la continuazione della guerra allargava il campo delle lusinghe fino a far travedere in lontananza la restituzione di Venezia in libertà o il suo aggiungimento alla Cisalpina.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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