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      Ora voi sapete lo stato nostro e presso a poco anche del paese. Faccio da padre all'Aquilina, amministro quei dieci campi che le sono rimasti e per me mi guadagno il vitto dando qualche lezione di calligrafia in paese e in qualche buona famiglia che vuol forse palliare cosí una caritatevole elemosina. Le domeniche, Donato nostro cognato viene a prenderci colla carrettella e ci conduce a Fossalto a trovare la Bradamante che ha già tre ragazzini, il primo che sgambetta come una gru, e l'ultimo appeso ancora alla mammella. In onta alla mia gamba di legno io faccio grandi prodezze col primo, e insegno a camminare alla seconda, perché la è una bambina abbastanza poltroncella per la sua età. Non so se questo sia uno stabilimento definitivo, o un ripiego per miglior fortuna, o una tregua per peggiori disgrazie. So che ho fatto il mio dovere, che lo farò sempre, che se ho preso qualche deliberazione precipitata si fu perché una voce mi chiamava, e infatti le opere mie non hanno mai fatto torto a quelle deliberazioni. Infine le cose potevano andare assai meglio; ma io non do la mia povertà e nemmeno la mia gamba di legno per tutte le ricchezze per tutti gli agi e per la sfacciata salute d'un birbone. Dico bene, Carlino? So che siete del mio parere e perciò vi parlo col cuor in mano. Del resto le mie speranze non si fermano tutte sotto i coppi della mia casa, alcuna ne ho che viene in cerca di voi; altre che rifanno il cammino da me percorso e non vogliono starsi chete alla triste esperienza delle guerre passate.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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