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      - Dov'era Amilcare, dov'erano Giulio del Ponte, Lucilio, Alessandro Giorgi, e dov'era finalmente io, benché meno di essi trasportato da furore di indole a imprese arrischiate? Profughi, esuli, morti, vaganti qua e là, come servi cacciati a lavorare sopra campi non nostri, senza tetto certo, senza famiglia, senza patria sulla terra stessa della patria! - Poiché chi poteva assicurare che una patria concessa dal capriccio del conquistatore dal capriccio stesso non ci sarebbe ritolta?... Già in Francia si cominciava a bisbigliare d'un nuovo ordinamento di governo; e s'accorgevano che il Consolato non era una sedia curule, ma un gradino a soglio piú eccelso. Bruto era omai escluso dall'agone ove noi andavamo giostrando alla cieca senza sapere qual sarebbe il premio di tanti tornei. Almeno avea ritrovato il focolare paterno, il nido della sua infanzia, una sorella da amare e da proteggere! Il suo destino gli stava scritto dinanzi agli occhi non glorioso forse né grande ma calmo, ricco di affetti e sicuro. Le sue speranze avrebbero sciolto il volo dietro alle nostre o sarebbero cadute con esse senza il rimorso di aver oziato per infingardaggine, senza lo sconforto di aver faticato indarno ad inseguire un fantasma.
      Cosí io veniva invidiando la sorte d'un giovine soldato che tornava al suo paese, storpio d'una gamba, e invece delle braccia di suo padre in cui gettarsi non trovava che una fossa da irrigare di pianto. Pure io non era de' piú sfortunati. Moderato di voglie di speranze di passioni, quando i miei mezzi privati cominciavano a mancarmi, il soccorso pubblico mi era venuto incontro.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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