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      Senza protezioni, senza brogli, in paese forestiero, ottenere a ventisei anni un posto di segretario in un ramo cosí importante e nuovo della pubblica amministrazione, com'erano allora le Finanze, non fu piccola né spregevole fortuna: e non me ne contentava. Tutti mi verranno addosso con baie e con rimbrotti. Ma io lo confesso senza vergognarmene: ebbi sempre gli istinti quieti della lumaca, ogniqualvolta il turbine non mi portò via con sé. Fare, lavorare sgobbare mi piaceva per prepararmi una famiglia una patria una felicità; quando poi questa meta della mia ambizione non mi sorrideva piú né vicina né sicura, allora tornava naturalmente col desiderio al mio orticello, alla mia siepe, dove almeno il vento non tirava troppo impetuoso, e dove sarei vissuto preparando i miei figliuoli a tempi meglio operosi e fortunati. Io non aveva né la furia cieca e infrenabile d'Amilcare che slanciata una volta non poteva piú indietreggiare, né l'instancabile pertinacia di Lucilio che respinto da una strada ne cercava un'altra, e attraversato in questa se ne apriva una di nuova sempre per tendere a uno scopo generoso sublime, ma alle volte dopo quattr'anni di sudori piú incerto e lontano che non fosse dapprincipio. Per me vedeva quella gran via maestra del miglioramento morale, della concordia, e dell'educazione, alla quale si doveva piegare ogniqualvolta le scorciatoie ci avessero fuorviato. Mi sarei dunque messo in quella molto volentieri per uscirne soltanto quando un bisogno urgente mi chiamasse.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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