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      - ma mi avrebbero forse voluto un po' piú fuori dei piedi; e li pestassi anche e facessi il cattivo, non se l'avrebbero legata al dito. Ero, per dirla tutta, un buon incommodo; e qui stava il peggio, ché non potevano lagnarsene, né appormi la ridicolaggine d'un Otello finanziere.
      A rompere questo armeggio di schermi e di difese cascò in mezzo a noi la notizia d'una malattia della Contessa di Fratta. Era il conte Rinaldo che la partecipava alla Pisana senza aggiungere commenti: diceva soltanto che non potendo la reverenda Clara uscir di convento, sua madre rimaneva sola, affidata alle cure certo poco premurose d'una guattera: sapendo poi la Pisana a Ferrara, avea creduto dover suo trascendere ogni riguardo e farle nota questa grave disgrazia che li minacciava. La Pisana mi guardò in viso; io senza por tempo in mezzo dissi: - Bisogna che tu vada! - Ma vi assicuro che mi costò assai il dirlo; e fu un sacrifizio all'opinione pubblica, che altrimenti m'avrebbe tacciato di snaturare una figliuola ne' suoi piú doverosi riguardi verso la madre. La Pisana invece la tolse pel cattivo verso; e benché io credo che se avessi taciuto io, ella avrebbe parlato come me, pure si diede a brontolare, che già ero stanco di lei, e che non cercavo nulla di meglio che un appiglio qualunque per levarmela d'attorno. Ne converrete che fu una ingiustizia solenne. Io risposi, scrollando le spalle, che ella invece a mio credere andava a caccia tutto il giorno de' piú strani pretesti per rincrescermi, e che mi doveva anzi esser grata dell'esser stato il primo a proporle un viaggio a me per ogni conto spiacevole ed incommodo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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