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      Diventò la piú allegra e ciarliera donnetta di Bologna; ne teneva a bada quattro, sei, otto; non si musonava né si stancava mai; non si sprofondava né in un'osservazione né in un pensiero né in una sbadataggine a segno di dimenticarsi degli altri; anzi sapeva cosí bene distribuire parolette e sorrisi, che n'era un poco per tutti e troppo per nessuno. Poteva fidarmi di lei, ed erano finite le tormentose fatiche di Ferrara. Tutti intanto parlavano chi della cugina chi della moglie chi dell'amante del signor Intendente; v'aveva chi volea sposarla, e chi pretendeva sedurla o rapirmela. Ella s'accorgeva di tutto, ne rideva garbatamente e se il brio lo dispensava ogni dove, l'amore poi lo serbava per me. Donne cosí fatte piacciono in breve anche alle donne, perché gli uomini si stancano di cascar morti per nulla e finiscono col corteggiarle per vezzo, tenendo poi saldi i loro amori in qualche altro luogo. Cosí dopo un mese la mia Pisana, adorata dagli uomini, festeggiata dalle donne, passava per le vie di Bologna come in trionfo, e perfino i birichini le correvano dietro gridando: - È la bella veneziana! è la sposa del signor Intendente! - Non voglio dire se ella ne invanisse di queste grandi fortune, ma certo sapeva farsene merito presso di me col miglior garbo della terra. E a me s'intende toccava amare, com'era giusto, in proporzione dei desiderii che le formicolavano intorno.
      Cosí, menando questa vita di continui piaceri, e di domestica felicità, non si parlava piú di ripartire.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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