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      Me le professai debitore, e l'umiltà e la tenerezza d'un amore infinito mi compensarono dello spensierato abbandono d'un giorno.
      - Carlo - mi disse un giorno la Pisana poich'io fui ristabilito tanto da poter uscire - l'aria di Venezia non ti si affà molto, hai bisogno di campagna. Vuoi che facciamo una visita allo zio monsignore di Fratta?
      Non so come avrei potuto rispondere ad un invito che sí bene interpretava i piú ardenti voti del mio cuore. Rivedere colla Pisana i luoghi della nostra prima felicità sarebbe stato per me un vero paradiso. Mi avanzava qualche piccola somma di danaro accumulata dalle pigioni della mia casa negli ultimi quattr'anni; il ritiro in campagna avrebbe aiutato l'economia; tutto concorreva a rendere questo disegno oltreché bello, utile e salutare. D'altra parte io sapeva che Raimondo Venchieredo stava ancora in Venezia, sapeva omai delle arti basse e maligne da lui messe in opera per accertar la Pisana de' miei amori colla contessa Migliana e per giovarsi a' suoi intenti d'un momento di dispetto. Avea perdonato alla Pisana ma non a lui; né era sicuro da un impeto di furore ove mi fosse intervenuto d'incontrarlo. Per due giorni ancora la Pisana non mi parlò di partire, ma la vedeva affaccendata in altri pensieri, e mi pareva che si disponesse ad una lunga assenza. Finalmente venne a casa mia col suo baule e mi disse:
      - Cugino, eccomi pronta. Mio marito non è guarito; ma la sua malattia ha ripreso un andamento regolare; i medici dicono che cosí può durare ancora molti anni.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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