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      La nostra allegria fu peraltro mescolata tantosto da qualche mestizia. I nostri vecchi conoscenti erano quasi tutti morti; de' giovani o coetanei, chi qua chi là, pochissimi in paese n'erano rimasti. Fulgenzio decrepito e rimbambito aveva paura de' suoi figli, ed era caduto in balía d'una fantesca astuta ed avara che lo tiranneggiava, e sapeva mettere a profitto la sua spilorceria per raggranellarsi un capitale. Il dottor Domenico sbuffava, ma con tutta la sua dottoreria non giungeva a liberar suo padre dalle unghie di quella befana. Don Girolamo, professore in Seminario e brillante campione del partito dei bassaruoli, pigliava le cose con filosofia. Secondo lui bisognava aspettare pazientemente che il Signore toccasse il cuore a suo padre; ma il dottore, che avea somma premura di toccargli la borsa, non si stava cheto a questi conforti del fratello prete. Fulgenzio passò di questo mondo pochi giorni dopo il nostro ritorno in Friuli; la sua morte fu accompagnata da un delirio spaventevole, si sentiva strappata l'anima di corpo dai demonii, e si stringeva tanto per paura alla mano della massaia che costei fu lí lí per dar un calcio all'eredità e lasciarlo nelle mani del becchino. Tuttavia l'avarizia la fece star salda, e tanto; che poiché il padrone fu morto convenne liberarle a forza il braccio dalle unghie rabbiose di lui. Apertosi il testamento, ella ebbe una bella somma di danaro in aggiunta a quello che aveva rubato. Seguivano molti legati di messe e di dotazioni di chiese e di conventi; da ultimo coronava l'opera una somma imponente erogata dal testatore per la costruzione d'un suntuoso campanile vicino alla chiesa di Fratta.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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