Pagina (1025/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Dopo una settimana non se ne parlava già piú, e di tanta ambizione null'altro era rimasto che un vecchio e marcio carcame ravvolto in una tonaca e inchiodato fra quattro assi d'abete. Nemmeno gli avean lustrato la cassa come si usa ai morti di rilievo! Che ingratitudine!... In fin dei conti poi credo che la Curia patriarcale fu contenta di essere liberata dal pericoloso aiuto d'un sí furbo zelatore della gloria di Dio e dei proprii interessi.
      Uscivano i vecchi attori, entravano i nuovi. Demetrio Apostulos, il primogenito di Spiro aveva vent'anni; Teodoro, il secondo, toccava i diciotto. I miei due stavano fra i dieci ed i dodici. Donato ne aveva tre, fra i sedici e i ventidue, tre robusti giovinotti davvero, che guai se fossero stati in età al tempo delle ultime leve napoleoniche!... Allora si continuava bensí anno per anno la coscrizione, in onta ai largheggianti proclami della Santa Alleanza; ma facilmente si concedevano gli scambi, e colla pace che si prevedeva lunghissima e profonda, molti infingardi concorrevano volentieri ai ben pasciuti ozii della milizia. La giovine generazione accennava all'antica di ritrarsi; poteva anche accennare superbamente, come poco contenta di noi; non avrebbe avuto il torto. Ma al contrario ci ammirava come aiutatori e testimoni di grandi imprese, di generosi tentativi, di incredibili portenti: pareva ci dicesse: "Dirigetemi, acciocché non cada dove voi siete caduti!...". Ci voleva altro che direzione; ci voleva nerbo e non ne avevamo piú; ci abbisognava la concordia, e avean saputo renderla impossibile.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Curia Dio Apostulos Spiro Teodoro Santa Alleanza