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      La signora Principessa doveva essere invecchiata d'assai, ma aveva quel fare di bontà che è la perpetua giovinezza della donna. Mi accolse benissimo; e poiché non poteva vederla, io avrei giurato che l'aveva trent'anni come al tempo della Partenopea. Ella mi disse di essersi molto adoperata per me sia nel farmi graziare della vita sia nell'ottenere la mia liberazione; ma che non avea potuto riescir prima. Inoltre confessava che un'altra persona v'era alla quale piú che a lei era certo obbligato; e che quella persona io la conosceva assaissimo ma che prima di consentire a farsi riconoscere da me voleva esser sicura dello stato di mia salute, e se veramente era cosí infermo degli occhi come dicevano. Non so chi credetti che fosse quell'incognita e pietosa persona, ma era impaziente di vederla quel tanto che poteva.
      - Signora Principessa - sclamai - pur troppo la luce piú limpida degli occhi miei l'ho lasciata a Capua; e sono omai condannato a vivere in un perpetuo crepuscolo!... Le fattezze delle persone che amo mi sono nascoste per sempre, e soltanto coll'immaginazione posso bearmi delle serene ed amabili vostre sembianze!
      M'accorsi che la Principessa sorrise mestamente, come di chi credesse guadagnare a non esser veduto.
      - Quand'è cosí - soggiunse ella aprendo un uscio che dava in un gabinetto - venite pure, signora Pisana, che il signor Carlo ha proprio bisogno di voi.
      Per quanto il cuore me lo avesse detto, credo che in quel punto fui per impazzire. La Pisana era il mio buon angelo; io la trovava dappertutto dove il destino sembrava avermi abbandonato nei maggiori pericoli; vincitrice in mio favore dello stesso destino.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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