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      ... Maledici la mia stupida superbia, la mia ingrata diffidenza, e il vile egoismo con cui son vissuto due anni bevendo il tuo sangue, e suggendoti dalle carni la vita!... Oh sí, ricada sul mio capo la pena di tanta infamia! La meritai la imploro la voglio! Finché non avrò scontato a lagrime di sangue tutto il mio delitto contro di te, tutti i dolori le umiliazioni che ti ho imposto, non avrò né pace né ardire di sollevar il capo e chiamarmi uomo!...
      - Vaneggi, Carlo?... Che fai ora, che pensi?... Non conosci piú la Pisana, o credi ch'ella finga ancora per esser creduta contenta o per isbarazzarsi dell'altrui compianto?... No, Carlo, te lo giuro!... La quistione di vivere o di morire non c'entra per nulla nella mia felicità. Non ti nascondo che la mia ultima ora la credo molto vicina; ma son io men felice per ciò?... Tutt'altro, Carlo; la tua tenerezza la tua confidenza erano l'ultima consolazione che mi aspettava; tu me l'hai ridonata. Oh, che tu sia benedetto!... Una sola tua parola di riconoscenza, un solo sguardo affettuoso pagherebbero due vite piú lunghe della mia e piene a tre doppi di privazioni e di sacrifizi!... Tu hai diffidato di me, tu mi hai imposto dolori e patimenti?... Ma quando, Carlo, quando? Io peccai e tu mi perdonasti; io t'abbandonai, e non ne movesti lamento; tornata a te mi raccogliesti colle braccia aperte e col miele sulle labbra!... Tu sei l'essere piú nobile piú confidente e generoso che possa esistere... Se avessi dinanzi a me l'eternità, e dovessi passarla in continui stenti neppur consolata dalla tua presenza, e tutto per risparmiarti una lagrima un sospiro solo, non esiterei un momento.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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