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      E per vagar che facesse il mio pensiero non vedeva altro intorno a sé che buio e deserto. Quell'anima cosí grande e sublime risplendeva tanto, che fuggendo ella mi parevano larve tutti gli altri splendori di quaggiù, e ogni affetto perdeva forza e calore raffrontandosi al suo. Entrarono di lí a poco Lucilio, l'Aquilina con tutti gli altri; io non ebbi forza che di segnare con un gesto la porta donde era scomparsa la Pisana e sciogliermi di bel nuovo in pianto.
      La vista di quelle persone che mi inchiodavano sí irremissibilmente alla vita mi fu in quel punto insopportabile e direi quasi odiosa. Era perfino snaturato contro la moglie e i figliuoli. Ma partiti che furono dalla camera, spaventati dal mio pianto e da quel gesto terribile, i consigli della Pisana mi mormorarono pietosamente nel cuore. L'amore di lei, che era si può dire immedesimato coll'anima mia, diffuse sui miei sentimenti un fiato salubre e vigoroso. Pensai che veramente per amarla avrei dovuto se non uguagliare imitare almeno la sua grandezza e sacrificarmi agli altri com'ella si era sacrificata per me. Pensai che non sono bugie quelle sante parole di famiglia e di patria che sonando dal suo labbro pigliavano un'autorità religiosa e quasi profetica. Pensai che espiazione o battaglia la vita nostra è un bene almeno per gli altri; e che quanto piú è un male per noi tanto piú meritorio è il coraggio di portarla fino alla fine. I suoi sguardi inspirati dalla fede delle cose misteriose ed eterne mi lampeggiavano ancora dinanzi; sentii che la loro luce non si sarebbe offuscata mai piú nel mio cuore e che si sarebbe tramutata in una felice speranza in un desiderio paziente ma sicuro.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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