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      Infatti non si deve guardare né a pericoli né a sacrifizi per meritare una tal morte.
      Pochi giorni prima che partissimo da Londra, arrivň la notizia che Sua Eccellenza Navagero era passato a miglior vita lasciando la Pisana sua erede universale, e ov'ella morisse senza testamento, instituendo con ogni suo avere uno spedale che dovea portare il nome di lei. Possedeva netti netti un paio di milioni ed era vissuto quegli ultimi anni in una finta povertŕ per accumulare quella gran somma allo scopo per cui la destinava. Io soffersi assai di dover abbandonar l'Inghilterra dove in campestre cimitero rimaneva tanta parte di me; ma la Pisana mi comandava di pensare ai miei figli, e partimmo. Spiro e l'Aglaura mi raccomandavano di tutelare alcuni loro interessi rimasti sospesi a Venezia, per cui mi volsi colŕ, deliberato di fermarmivi. Mio cognato dopo una corsa in Friuli per dar ordine alle sue cose ci avrebbe raggiunti e cosí io disponeva mestamente il mio campo d'inverno per la vecchiaia. Molto anche avea sofferto nello staccarmi da Lucilio, ma egli mi avea lasciato dicendomi: - Verrň a morire fra voi! - Sapeva ch'egli non avrebbe mancato alla sua promessa. Giungemmo a Venezia il quindici settembre 1823. Passai la prima notte in quella memore cameretta dov'avea vissuto giorni sí spensierati e felici, baciando fra lagrime e singhiozzi due ciocche di capelli. L'una l'aveva strappata dai bei ricci della Pisana fanciulletta: l'altra l'avea tagliata religiosamente sulla pallida fronte della Pisana morta.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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