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      Per me forse avrei portato pazienza, non per la Pisana la quale io avrei difeso a costo anche della vita, beato di poterla in qualche modo ricompensare di tanti suoi sacrifizi. Perciò mi diedi io pure a frequentar quel caffè, e siccome pochissimi omai mi ravvisavano, me ne stava soletto in un cantuccio della camera posteriore, leggendo in apparenza la Gazzetta, ma in sostanza porgendo l'orecchio alla conversazione della prima stanza nella quale si mesceva sempre Raimondo colla sua solita spavalderia.
      La seconda o terza sera ch'io mi metteva in quell'agguato (e già gli avventori e i garzoni mi adocchiavano di traverso sospettandomi forse una spia), udii nel caffè un romore insolito di sciabola e di sproni, e un gran chiasso di saluti e congratulazioni, e il rimbombo d'una vociaccia aspra e gutturale che mi parve di dover conoscere. Sí, perbacco; doveva proprio essere il Partistagno; infatti udii bisbigliare il suo nome da qualcheduno che rispondeva a chi gliene avea chiesto, e Raimondo poco dopo, gridando evviva al signor generale, congratulandosi della sua grassezza, e domandandogli se veniva per tentare la reverenda badessa, non mi lasciò piú alcun dubbio che non fosse lui.
      - No, caro mio, non vengo piú a tentare la badessa: - rispose il Partistagno - mia moglie mi ha favorito un dopo l'altro sette maschiotti che mi danno da fare piú d'un reggimento, e le monache mi sono uscite del capo. Peccato! perché suppongo non mi vedrebbe malvolentieri, benché l'età debba aver cooperato molto a finire di farla santa.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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