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      - Ti prometto che ci faremo buona e allegra compagnia; nulla di piú. Potrei anche dirti il tempo, ma non voglio farmi scornare come medico. Insomma son contento di me e tanto deve bastare.
      - Desiderereste riveder la Clara? - gli chiesi io. - O ve ne è passata affatto la voglia?
      - No, no! - egli mi rispose. - Anzi intendo vederla per contemplare ancora una volta il fine diverso di un'istessa passione in due temperamenti diversi, e diversamente educati. Imparare piú che si può, dev'essere la legge suprema delle anime. Questa sete inestinguibile che abbiamo di sapere e che ci tormenta fino all'istante supremo non dipende da motivo alcuno apparente alla ragione individuale. Essa può benissimo rilevare dalla necessità d'un ordine piú vasto che si dilata oltre la morte. Impariamo dunque, impariamo!... La natura sembra disperdere la pioggia a capriccio; ma ogni goccia per quanto minuta per quanto infinitesima è bevuta dalla terra, e trascorre poi per meati invisibili dove la richiama la soverchia aridità. L'ozio è un trovato della imbecillità umana; nella natura non v'è ozio, né cosa che sia inutile.
      - Dunque guarderete la Clara come il notomista che indaga un cadavere?
      - No, Carlo, ma guarderò lei come guardo me: per convincermi sempre piú, anche nelle obiezioni apparenti dei fatti, che una ragione solo sommove spinge ed acqueta quest'umanità varia ed immensa; per provare ancora una volta colla costanza de' miei affetti, che essi tendono ad un'esistenza piú vasta, ad un contentamento piú libero e pieno che non si possa ottenere in questa fase umana dell'esser nostro.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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