Pagina (1200/1253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Peraltro se furono buffi in camera, si diportarono assai gravemente fuori; e porsero un bell'esempio di obbedienza militare a parecchi giovani che volevano esser nati ammiragli e generali. Alessandro in onta al ducato e al maresciallato si accontentò del grado di colonnello; e Bruto tornò al suo cannone come appunto lo avesse abbandonato il giorno prima. La sua andatura zoppicante, e l'umore sempre allegro e burliero anche fra i razzi e le bombe tenevano in susta il coraggio dei giovani commilitoni. Tutti a quel tempo si facevano soldati, perfino il conte Rinaldo che molte volte, e lo vidi io, montò la guardia dinanzi al Palazzo con tanta serietà che pareva proprio una di quelle sentinelle mute che adornano il fondo scenico di qualche ballo spettacoloso.
      Quello, poveretto, che non arrivò a tempo di montar la guardia, fu il cavalier Alfonso Frumier. Cascato di cielo in terra dopo la morte della sua dama, non avea piú rappiccato il filo delle idee, e cercava cercava senza potervi mai riescire, quando un giorno entra il cameriere a raccontargli che in Piazza si grida: - Viva San Marco! - e che c'è la repubblica, e altre mille cose l'una piú strana dell'altra. Il vecchio gentiluomo si diede una gran palmata nella fronte. "Ci sono!" parve ch'ei dicesse; indi cogli occhi fuori della testa, e le membra convulse e tremolanti:
      - Orsù, presto! - balbettò. - Portami la toga... dammi la parrucca... Viva San Marco!... La toga... la parrucca, ti dico! Presto!... che si faccia a tempo!
      Al cameriere sembrò che il padrone stentasse a proferire queste ultime parole, e che vacillasse sulle gambe; stese le braccia per sostenerlo; ed egli stramazzò al suolo, morto per un eccesso di consolazione.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





Bruto Rinaldo Palazzo Alfonso Frumier Piazza San Marco San Marco