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      La Pisana, l'Aquilina ed Enrico, che vennero indi a poco, mi trovarono piangente e genuflesso fra due cadaveri. Il giorno stesso moriva nel campo dell'assedio sotto Mestre il general Partistagno. Aveva, lontani di là poche miglia, numerosi figliuoli de' quali nessuno poté consolare i suoi ultimi momenti.
      Dopo aver chiuso gli occhi a due tali amici mi parve che non era un peccato desiderare la morte; e mi levai col pensiero alla mia Pisana che forse mi contemplava dall'alto dei cieli, domandandole se non era tempo ch'io pure passassi a raggiungerla. Un'intima voce del cuore mi rispose che no: infatti altri tristissimi uffici mi restavano da compiere. Pochi giorni appresso il conte Rinaldo fu colto dal cholera che già cominciava la sua strage massime nel popolo affamato. Le bombe avevano accalcato la gente nei sestieri piú lontani da terraferma, ed era uno spettacolo doloroso e solenne quella mesta pazienza sotto a tanti e cosí mortiferi flagelli. Il povero Conte era già agli estremi quand'io giunsi al suo capezzale; sua sorella, incurvata dagli anni e dai patimenti, lo vegliava con quell'impassibile coraggio che non abbandona mai coloro che credono davvero.
      - Carlino - mi disse il moribondo - ti ho fatto chiamare perché nei frangenti in cui mi trovo mi risovvenne della mia opera che corre pericolo di rimaner imperfetta. Or dunque l'affido a te; e voglio che tu mi prometta di stamparla in quaranta fascicoli nell'egual carta e formato del primo!...
      - Te lo prometto - risposi quasi con un singhiozzo.


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Le confessioni d'un Italiano
di Ippolito Nievo
Einaudi
1964 pagine 1253

   





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