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      voce dintorno gli susurra ancora.
      Sorge, e del letto su la sponda assisouna molle s'avvolge alla persona
      tunica intatta, immacolata; gittasiil regal manto indosso; il piè costringe
      ne' bei calzari; il brando aspro e lucented'argentee borchie all'omero sospende,
      l'invïolato avito scettro impugna,
      ed alle navi degli Achei cammina.
      Già sul balzo d'Olimpo alta ascendeadi Titon la consorte, annunziatrice
      dell'alma luce a Giove e agli altri Eterni;
      quando con chiara voce i banditoriper comando d'Atride a parlamento
      convocaro gli Achei, che frettolosiaccorsero e frequenti. Ma raccolse
      de' magnanimi duci Agamennóne
      prima il senato alla nestorea nave,
      e raccolti che fûro, in questi accentiil suo prudente consultar propose:
      M'udite, amici. Nella queta notteuna divina visïon m'apparve,
      che te, Nestore padre, alla statura,
      agli atti, al volto somigliava in tutto.
      Sul mio capo librossi, e così disse:
      Figlio d'Atrèo, tu dormi? A sommo ducecui di tanti guerrieri e tante cure
      commesso è il pondo, non s'addice il sonno.
      M'odi adunque: mandato a te son ioda Giove che dal ciel di te pensiero
      prende e pietate. Ei tutte ti comandaarmar le truppe de' chiomati Achei,
      ché di Troia il conquisto oggi è maturo;
      poiché di Giuno il supplicar composela discordia de' numi, e grave ai Teucri
      danno sovrasta per voler di Giove.
      Tu di Giove il comando in cor riponi.
      Sparve, ciò detto, e quel mio dolce sonnom'abbandonò. La guisa or noi di porre
      gli Achivi in arme esaminiam. Ma priagiovi con finto favellar tentarne,
      fin dove lice, i sentimenti.


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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