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      Giove padre, che grande e glorïosogodi in Ida regnar, quello de' due,
      che tra noi fu cagion di sì gran lite,
      fa che spento precipiti alla cupamagion di Pluto, ed una salda a noi
      amistà ne concedi e patti eterni.
      Fra questo supplicar l'elmo squassavaEttòr, guardando addietro: ed ecco uscire
      di Paride la sorte. Allor s'assiseal suo posto ciascun, vicino a' suoi
      scalpitanti destrieri e alle giacentiarmi diverse. Della ben chiomata
      Elena intanto l'avvenente sposoAlessandro di fulgida armatura
      tutto si veste. E pria di bei schinieriche il morso costrignea d'argentea fibbia,
      cinse le tibie. Quindi una loricadel suo germano Licaon, che fatta
      al suo sesto parea, si pose al petto:
      all'omero sospese il brando, ornatod'argentei chiovi; un poderoso scudo
      di grand'orbe imbracciò; chiuse la frontenel ben temprato e lavorato elmetto,
      a cui d'equine chiome in su la cimaalta una cresta orribilmente ondeggia.
      Ultima prese una robusta lanciache tutto empieagli il pugno. In questo mentre
      del par s'armava il bellicoso Atride.
      Di lor tutt'arme accinti i due guerrieris'appresentâr nel mezzo, e si guataro
      biechi. Al vederli stupor prese e temai Dardani e gli Achei. L'un contra l'altro
      l'aste squassando al mezzo dell'arenas'avvicinâr sdegnosi; ed il Troiano
      primier la lunga e grave asta vibrandola rotella colpì del suo nemico,
      ma non forolla, ché la buona targarintuzzonne la punta. Allor secondo
      coll'asta alzata Menelao si mossecosì pregando: Dammi, o padre Giove,
      sovra costui che m'oltraggiò primiero,
      dammi sovra il fellon piena vendetta.


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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