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      mentre avvolto di nugoli alle sferedolorando salìa. Giunto alla sede
      degli Dei su l'Olimpo, accanto a Giove
      mesto s'assise, discoperse il sangueimmortal che scorrea dalla ferita,
      e in suono di lamento: O padre, ei disse,
      e non t'adiri a cotal vista, a fattisì nequitosi? Esizïosa sempre
      a noi Divi tornò la mutua garadi gratuir l'umana stirpe; e intanto
      di nostre liti la cagion tu sei,
      tu che una figlia generasti insana,
      e di sterminii e di malvage impreseinvaghita mai sempre. Obbedïenti
      hai quanti alberga Sempiterni il cielo;
      tutti inchiniamo a te. Sola costeiné con fatti frenar né con parole
      tu sai per anco, connivente padredi pestifera furia. Ella pur dianzi
      stimolò di Tidèo l'audace figlioa pazzamente guerreggiar co' numi;
      ella a ferir Ciprigna; ella a scagliarsicontra me stesso, e pareggiarsi a un Dio.
      E se più tardo il piè fuggìa, sareisteso rimasto fra quei tanti uccisi
      in lunghe pene, né morir potendom'avrìa de' colpi infranto la tempesta.
      Bieco il guatò l'adunator de' nembiGiove, e rispose: Querimonie e lai
      non mi far qui seduto al fianco mio,
      fazïoso incostante, e a me fra tuttii Celesti odïoso. E risse e zuffe
      e discordie e battaglie, ecco le caretue delizie. Trasfuso in te conosco
      di tua madre Giunon l'intollerandoinflessibile spirto, a cui mal posso
      pur colle dolci riparar; né certod'altronde io penso che il tuo danno or scenda,
      che dal suo torto consigliar. Non iovo' per questo patir che tu sostegna
      più lungo duolo: mi sei figlio, e carola Dea tua madre a me ti partorìa.
      Se malvagio, qual sei, d'altro qualunque


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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