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      al mutar de' gran passi scintillava.
      Nel talamo il trovò che le sue bellearmi assettava, i curvi archi e lo scudo
      e l'usbergo. L'argiva Elena, in mezzoall'ancelle seduta, i bei lavori
      ne dirigea. Com'ebbe in lui gli sguardifisso il grande guerrier, con detti acerbi
      così l'invase: Sciagurato! il coreira ti rode, il so; ma non è bello
      il coltivarla. Intorno all'alte muracadono combattendo i cittadini,
      e tanta strage e tanto affar di guerraper te solo s'accende; e tu sei tale
      che altrui vedendo abbandonar la pugnarampognarlo oseresti. Or su, ti scuoti,
      esci di qua pria che da' Greci accesavenga a snidarti d'Ilïon la fiamma.
      Bello, siccome un Dio, Paride alloracosì rispose: Tu mi fai, fratello,
      giusti rimprocci, e giusto al par mi sembrach'io ti risponda, e tu mi porga ascolto.
      Né sdegno né rancor contra i Troiani
      nel talamo regal mi rattenea,
      ma desir solo di distrarre un miodolor segreto. E in questo punto istesso
      con tenere parole anco la mogliem'esortava a tornar nella battaglia,
      e il cor mio stesso mi dicea che questoera lo meglio; perocché nel campo
      le palme alterna la vittoria. Or dunqueattendi che dell'armi io mi rivesta,
      o mi precorri, ch'io ti seguo, e tostoraggiungerti mi spero. - Così disse
      Paride: e nulla gli rispose Ettorre;
      a cui molli volgendo le paroleElena soggiugnea: Dolce cognato,
      cognato a me proterva, a me primierode' vostri mali detestando fonte,
      oh m'avesse il dì stesso in che la madremi partoriva, un turbine divelta
      dalle sue braccia, ed alle rupi infranta,
      o del mar nell'irate onde sommersa


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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