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      con lo scudo sul petto: ma rizzolloimmantinente di Latona il figlio.
      E qui tratte le spade i due campionipiů da vicino si ferěan, se ratti,
      messaggieri di Giove e de' mortali,
      non accorrean gli araldi, il teucro Idčo,
      e l'achivo Taltěbio, ambo lodatidi prudente consiglio. Entrâr costoro
      con securtade in mezzo ai combattenti,
      ed interposto fra le nude spadeil pacifico scettro, il saggio Idčo
      cosě primiero favellň: Cessate,
      diletti figli, la battaglia. Entrambisiete cari al gran Giove, entrambi (e chiaro
      ognun sel vede) acerrimi guerrieri:
      ma la notte discende, e giova, o figli,
      alla notte obbedir. - Dimandi Ettorre
      questa tregua, rispose il fiero Aiace:
      primo ei tutti sfidonne, e primo ei chiegga.
      Ritirerommi, se l'esempio ei porga.
      E l'illustre rival tosto riprese:
      Aiace, i numi ti largîr cortesipari alla forza ed al valore il senno,
      e nel valor tu vinci ogni altro Acheo.
      Abbian riposo le nostr'armi, e cessila tenzon. Pugneremo altra fďata
      finché la Parca ne divida, e interaall'uno o all'altro la vittoria doni.
      Or la notte giŕ cade, e della notteromper non dęssi la ragion. Tu riedi
      dunque alle navi a rallegrar gli Achivi,
      i congiunti, gli amici. Io nella sacracittŕ rďentro a serenar de' Teucri
      le meste fronti e le dardanie donne,
      che in lunghi pepli avvolte appič dell'areper me si stanno a supplicar. Ma pria
      di dipartirci, un mutuo dono attestila nostra stima: e gli Achei poscia e i Teucri
      diran: Costoro duellâr coll'iradi fier nemici, e separârsi amici.
      Cosě dicendo, la sua propria spadagli presentň d'argentei chiovi adorna


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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