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      Enòmao. Spezzò l'asta l'incavodella corazza, e gl'intestini incise,
      sì ch'egli cadde nella polve, e strinsecolle pugna il sabbion. Svelse dal morto
      la lancia il vincitor, ma le bell'armirapirgli non poteo, ché degli strali
      l'opprimea la tempesta, e non aveasalde al correr le gambe e al ripigliarsi
      l'asta scagliata, ed a schivar l'ostile.
      Quindi a piè fermo ei ben sapea per ancola morte allontanar, ma dal conflitto
      mal nel bisogno sottraealo il piede.
      Dëìfobo che caldo il cor di rabbiasempre in lui mira, vistolo ritrarsi
      a lenti passi, gli avventò, ma indarnopur questa volta, il telo che veloce
      via trasvolando Ascàlafo raggiunseprole di Marte, e all'omero il trafisse.
      Ei cadde, e steso brancicò la polve:
      né del caduto figlio allor verunaebbe notizia il vïolento Iddio,
      che dal comando di Giove impeditostava in quel punto su le vette assiso
      dell'Olimpo, e il coprìa d'oro una nubemisto agli altri Immortali a cui vietato
      era dell'armi il sanguinoso ludo.
      Una pugna crudel sul corpo intantod'Ascàlafo incomincia. Al morto invola
      Dëìfobo il bell'elmo; e Merïone
      tale sul braccio al rapitor disserradi lancia un colpo, che di man gli sbalza
      risonante al terren l'aguzzo elmetto.
      E qui di nuovo Merïon scagliossicome fiero avoltoio, e dal nemico
      braccio sconfitta dell'astil la puntasi ritrasse tra' suoi. Corse al ferito
      il suo german Polìte, e per traversol'abbracciando il cavò dal rio conflitto,
      ed in parte venuto ove l'aurigalungi dall'armi co' cavalli il cocchio
      in pronto gli tenea, questi il portarogemente, afflitto e per la fresca piaga


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Iliade
di Homerus (Omero)
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