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      Ognun che coltoo di lancia o di stral trovi la morte,
      del suo morir s'allegri. È dolce e bellomorir pugnando per la patria, e salvi
      lasciarne dopo sé la sposa, i figlie la casa e l'aver, quando gli Achei
      torneran navigando al patrio lido.
      Fur quei detti una fiamma ad ogni core.
      Dall'una parte i suoi conforta anch'essoAiace, e grida: Argivi, o qui morire,
      o le navi salvar. Se fia che alfineil nemico le pigli, a piè tornarvi
      forse sperate alla natìa contrada?
      E non udite di che modo Ettorre
      d'incenerirle tutte impazïentei suoi guerrieri istiga? Egli per certo
      non alla tresca, ma di Marte al fieroballo gl'invita. Né partito adunque
      né consiglio sicuro altro che questo,
      menar le mani, e di gran cor. Gli è megliopure una volta aver salute o morte,
      che a poco a poco in lungo aspro conflittoqui consumarci invendicati e domi
      per mano, oh scorno! di peggior nemico.
      Rincorossi ciascuno, e allor la straged'ambe le parti si confuse. Ettorre
      Schedio uccide, figliuol di Perimede,
      condottier de' Focensi. Uccide Aiace
      Laodamante, generosa proled'Antenore, e di fanti capitano.
      Polidamante al suol stende il cillènioOto, compagno di Megète, e duce
      de' magnanimi Epei. Visto Megète
      cader l'amico, scagliasi dirittosu l'uccisor; ma questi obliquamente
      chinando il fianco andar fe' vôto il colpo,
      ché in quella zuffa non permise Apollo
      del figliuolo di Panto la caduta,
      e l'asta di Megète in mezzo al pettodi Cresmo si piantò, che orrendamente
      rimbombò nel cader. Corse a spogliarlodell'armi il vincitor; ma gli si spinse
      contra il gagliardo vibrator di picca


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Iliade
di Homerus (Omero)
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