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      E guaia chi terrassi su le navi inerte,
      mentre gli altri animosi ad acre assaltocontra i Teucri dal vallo irromperanno!
      Disse, e compagni i due figliuoi si presedi Nestore, e Toante e Merïone
      e il Filìde Megète e Melanippo
      e Licomede di Creonte. Andarod'Atride al padiglion, presti il comando
      n'adempiro, e arrecâr le già promessecose; sette treppiè, venti lebèti,
      dodici corridori; indi prestantid'ingegno e di beltà sette captive.
      La figlia di Brisèo, guancia rosata,
      ottava ne venìa. Li precedeacon dieci di buon peso aurei talenti
      Ulisse, e lo seguìan con gli altri donigli altri giovani achei. Deposto il tutto
      nell'assemblea, levossi Agamennóne;
      e Taltìbio di voce a un Dio simìleirto cinghial gli appresentò. Fuor trasse
      il sospeso del brando alla vaginatrafier l'Atride, e della belva i primi
      peli recisi, alzò le palme, e a Giove
      pregò. Sedeansi tutti in riverentegiusto silenzio per udirlo; ed egli
      guardando al cielo e supplicando disse:
      Il sommo ottimo Iddio, la Terra, il Sole,
      e l'Erinni laggiù gastigatricidegli spergiuri, testimon mi sieno
      che per desìo lascivo unqua io non posisopra la figlia di Brisèo le mani,
      e che la tenni nelle tende intatta.
      Mi mandino, s'io mento, ogni castigoserbato al falso giurator gli Dei.
      Disse, e l'ostia scannò; poscia ne' vastigorghi marini la scagliò l'araldo,
      pasto de' pesci. Allor rizzossi Achille
      e sclamò: Giove padre, oh di che dannitu ne gravi! Non mai m'avrìa l'Atride
      mosso all'ira, né mai per farmi oltraggiorapita a mio mal grado egli la schiava:
      ma tu il volesti, Iddio, tu che di tanti


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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